Dono – capacità – intraprendenza – ingegno – inclinazione naturale che ciascuno possiede fin dalla nascita, ma di cui spesso non si ha consapevolezza… sono numerose e svariate le definizioni di talento, ciascuna valida a modo suo. Sappiamo che nella parabola del Vangelo il tizio che ha scelto di sotterrare il proprio talento piuttosto che farlo “fruttificare” non ha fatto una bella figura: ha scelto di non mettersi in gioco, rinunciando a diventare una persona migliore e, soprattutto, pienamente felice e realizzata!! Riconoscere ed esprimere pienamente i propri talenti è dunque fondamentale per chi ama la vita e non vuole lasciarla scorrere nella mediocrità! Ma attenzione, si comincia fin da piccoli e questo un educatore lo sa bene! Come fare allora ad accompagnare i più piccoli in questo viaggio alla scoperta dei doni nascosti dentro di sé che non attendono altro che venire alla luce? Non ho risposte preconfezionate ma provo ad accendere insieme a voi qualche lampadina rileggendo l’esperienza educativa di Don Bosco.
8 dicembre 1841: Don Bosco incontra un ragazzo orfano, Bartolomeo Garelli, muratorino immigrato da Asti. Il suo volto è segnato dalla sofferenza e dalla stanchezza di un lavoro che lo costringono prematuramente a non vivere appieno la sua giovinezza. Don Bosco lo guarda con affetto, lo mette subito a suo agio con una domanda: “Sai fischiare?”. Il volto del ragazzo si illumina, sorride, capisce di potersi fidare di quel prete… gli aprirà il cuore… da allora fiumi di giovani busseranno alla porta di Don Bosco per dare un senso alla propria vita! E allora ecco qui di seguito alcuni consigli per l’uso che oggi ci darebbe Don Bosco:
- L’educazione è cosa di cuore! Un vero educatore che abbia a cuore la crescita dei bambini deve, in primo luogo, saper ascoltare con empatia i loro sentimenti: un mondo cui è possibile accedere solo a piedi nudi, dopo essersi spogliati della convinzione di dover insegnare come si fa. I ragazzi non sono “contenitori” da riempire delle nostre esperienze, hanno già tutto dentro, tant’è che il termine educare vuol dire proprio “tirare fuori”.
- Amate le cose che amano i giovani! Sport, teatro, musica, gioco, attività manuali … le possibilità di scelta non mancano… ma sono davvero i piccoli a scegliere?!? Impariamo a renderli protagonisti, ricordando che non si educa imprigionando la libertà, ma aiutandoli ad usarla bene. Ampio spazio, quindi, a curiosità e creatività!
- In ogni giovane c’è un punto accessibile al bene! Guardiamo ai piccoli con fiducia ed un ottimismo realista che tenga sempre conto del positivo che c’è in loro. In questo modo potrà instaurarsi quella relazione vera che permette non solo di trasmettere dei valori ma di far crescere nei bambini l’autostima e le condizioni favorevoli per essere pienamente se stessi.
Sr Francesca Scibetta
Referente Nazionale PGS