L’uscita dai social di un personaggio sportivo famoso come Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus, ha suscitato polemiche e discussioni. Lo stesso tecnico, pur cercando di minimizzare, ha detto: “I social sono uno strumento valido, ma non per tutti. Pedofilia, stalking, tutto questo nasce dai social perché la gente si nasconde: è un problema sociale”. Non c’è dubbio che questa fotografia sia spietata ma anche abbastanza veritiera.
Siamo sicuri, però, che scappare da Facebook, Twitter o Instagram sia la soluzione migliore?
Usando una filosofia spicciola, ricordiamo un ragionamento popolare, antico ma sempre valido: con un coltello ci puoi uccidere una persona, ma anche tagliare il pane da condividere. Dunque il problema non è lo strumento in se stesso che non può essere buono o cattivo – ma l’uso che ne facciamo.
E allora da educatori non possiamo pensare oggi di dipingere ad adolescenti e giovani i social come il male assoluto da evitare. Piuttosto dobbiamo sforzarci di aggiornarci, di conoscere meglio quel mondo per “riempirlo” di contenuti. Perché per un imbecille che insulta, ci può essere una persona che posta concetti positivi.
Dunque chi opera nello sport e nel sociale, deve trovare il modo di fare “chat”, comunità, anche attraverso questi strumenti. Senza snobbarli o evitarli come la peste. Umberto Eco ammoniva già parecchi anni fa, da intellettuale capace di guardare sempre avanti: “Internet ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere”. Ma il bar, come internet, sono luoghi: di evangelizzazione.
Maurizio Nicita