Andy Diaz (foto Grana/FIDAL)

Andy Diaz, dalla strada alla gloria

Dalla strada alla gloria, o nella più celebre locuzione in latino “Per aspera ad astra”.  Andy Diaz, atleta cubano naturalizzato italiano, da un marciapiede di Roma è arrivato, saltando più in alto delle difficoltà che lo hanno accompagnato in questi anni, a vincere dapprima il bronzo alle Olimpiadi di Parigi del 2024, l’oro agli ultimi campionati europei indoor di Apeldoorn ed infine l’oro ai campionati mondiali indoor di Nanchino.

Nato a L’Avana il 25 dicembre 1995, cresciuto a Cuba, ha iniziato la sua carriera come atleta professionista difendendo inizialmente i colori del Paese caraibico sino al 2021, quando, di ritorno dalle Olimpiadi di Tokyo, Díaz decise di abbandonare la nazionale e il suo paese natale per rifugiarsi in Italia. Non impiegato dalla squadra di atletica cubana ai Giochi di Tokyo Diaz, sempre più ostaggio delle regole del suo Paese che gli resero difficile esprimere le sue potenzialità come individuo e come atleta, decise, allo scalo aeroportuale di Madrid, che quella fu l’occasione della sua vita, la sliding doors: fuggire da una realtà e da un mondo che non gli appartenevano più.

La scelta di Andy è stata tanto coraggiosa quanto dolorosa poiché ha comportato ponti tagliati alle spalle, convivenza con il senso di abbandono, solitudine sia dalla sua famiglia sia dal suo Paese di nascita che finì per considerarlo un disertore e un traditore punendolo con il divieto di rientrare a Cuba per i successivi otto anni. Per il mondo, da quel momento, Andy divenne figlio di nessuno, senza famiglia, senza patria e senza una rete di protezione in grado di proteggerlo. Dal marciapiede davanti all’ufficio immigrazione di Roma, Diaz è rimasto in attesa e ha pregato che quel pezzo di carta, il permesso di soggiorno provvisorio per evitare di essere un fantasma, gli venisse concesso per poter continuare a sopravvivere in Italia e proseguire con il suo sogno olimpico. “Una volta arrivato, non avevo niente. Sapevo solo che quella azzurra era la maglia che dovevo indossare, ma non avevo un posto dove dormire, non avevo soldi per mangiare, non avevo nulla. Volevo fare atletica, ciò che mi piaceva. Sono andato all’Immigrazione e ho richiesto l’asilo politico”.

Andy Diaz (Fiamme Gialle) | Foto Grana/FIDAL

Andy Diaz (Fiamme Gialle) | Foto Grana/FIDAL

Con l’aiuto di un conoscente anch’egli richiedente asilo e con il quale Diaz ha condiviso la strada, il freddo il timore di quelle giornate passate davanti l’ufficio immigrazione sperando di realizzare il suo sogno, scrisse un messaggio su Instagram a colui che in questa storia può essere considerato a tutti gli effetti un angelo custode, Fabrizio Donato, senza sapere, tuttavia, se avesse trovato una porta aperta e senza sapere se quel messaggio sarebbe caduto nel vuoto o meno. La vita per chi crede e per chi ha quel sano pizzico di follia nel gettare il cuore oltre l’ostacolo riserva sempre sorprese perché Fabrizio Donato fece un gesto non previsto né prevedibile: aprì quel messaggio e tese una mano al saltatore di cui vagamente aveva sentito parlare ma che non aveva mai conosciuto personalmente.

Diaz racconta così questo rapporto: “Mi ha accolto in casa, reso parte della vita della sua famiglia. Un rischio perché io ero un clandestino, tante volte gli ho chiesto chi gliel’avesse fatto fare. Mi ha risposto che ha visto in me un essere umano bisognoso di aiuto, che lo ha fatto perché sperava che se un giorno avesse avuto bisogno di aiuto una delle sue figlie qualcuno altrettanto le avrebbe teso la mano”.

Oggi Fabrizio Donato è ufficialmente l’allenatore di Andy Diaz, italiano e orgoglioso di esserlo, pronto a onorare il tricolore e portare l’Italia sul tetto del mondo così come ripromessosi in quel lontano, che poi lontano non è, 2021 quando, lasciando la sua famiglia, la sua patria e la sua vecchia vita, ha giurato a sé stesso che avrebbe perseguito il suo sogno. La cittadinanza è arrivata il 23 febbraio 2023 dopo l’intervento del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha permesso ad Andy di gareggiare, all’ultimo respiro, con la nazionale italiana alle Olimpiadi di Parigi e di vincere il bronzo olimpico entrando nell’olimpo dei triplisti italiani.

Da un marciapiede davanti all’Ufficio immigrazione di Roma, passando per l’oro agli Europei indoor vinti nemmeno un mese fa nei Paesi Bassi, fino ad arrivare agli ultimi Campionati Mondiali di atletica leggera indoor di Nanchino, in Cina, è risuonato l’inno di Mameli grazie alla prestazione da fuoriclasse di Andy, oro con il primato di 17.80 nel salto triplo della finale dell’8 marzo 2025. “Volevo sentire l’inno di Mameli perché era questo il mio sogno da quando sono arrivato in Italia”: queste le prime parole di Diaz dopo essere salito sul gradino più alto del podio, a 16 anni di distanza dal primo titolo ottenuto dall’Italia nella manifestazione indoor. E nemmeno a dirlo quel titolo portò la firma di Fabrizio Donato.

Di Gabriele Mezzacapo

(Foto in evidenza Grana/FIDAL)