Alla partenza erano due sconosciuti, al mondo sportivo e fra loro. Non avevano mai gareggiato insieme, in qualche minuto sono diventati fratelli, scrivendo una pagina di sport che ricorderemo per anni. Braima Sunclar Dabò della Guinea Bissau e Jonathan Busby da Aruba nemmeno pensavano alla partenza della loro batteria dei 5 mila metri al Mondiale di Doha, Qatar, di poter realizzare qualcosa di storico. Anche perché il ragazzo di Aruba quest’anno non aveva mai corso la distanza e quello della Guinea Bissau anch’egli come il collega era lì solo perché il regolamento consente ad ogni nazione di portare un atleta in gara, anche senza tempo minimo di qualificazione raggiunto.
Afa e petrodollari
I grandi eventi di sport ormai ragionano solo in termini di soldi. E, a dispetto del clima sempre caldissimo e non adatto a prestazioni sportive, i qatarioti si sono aggiudicati l’organizzazione di questo Mondiale di atletica appena iniziato e anche quello di calcio 2022.
Già i primi giorni di gara stanno evidenziando problemi seri di disidratazione per gli atleti. Ma siccome contano i petrodollari nessuno fiata. Torniamo alla nostra batteria dei 5 mila. Il caraibico Busby, 33 anni, forse sottovaluta impegno, clima e sforzo e crolla, letteralmente, quando la campana suona l’ultimo giro. E non sarebbe mai arrivato al traguardo se dalle retrovie, con i migliori già nello spogliatoio a rinfrescarsi, non si fosse staccato il ventiseienne Dabò. Gli ultimi 200 metri li percorrono abbracciati, Braima che sostiene Jonathan totalmente disidratato e poco lucido, tra gli applausi del Khalifa Stadium (raffreddato ma non abbastanza).
Alla fine, mentre Busby viene squalificato, Dabò cerca di minimizzare davanti ai microfoni: “Non ho fatto nulla di straordinario. Non sono un eroe. Ero venuto per migliorare il mio personale. Non ci sono riuscito. Pazienza”. Gli inviati scrivono pagina di letteratura sportiva, ma quello di Braima è gesto di altissimo valore etico: questo è un record che nessuno può toglierti.
Maurizio Nicita