Un illustre ospite su Juvenilia, è il grande difensore di Napoli e Juventus nonché della Nazionale Italiana di Calcio, Ciro Ferrara. Con lui ci siamo soffermati sul manifesto “Sportivi L’Italia che si muove” che -in un momento di evidente difficoltà sanitaria e sociale – vuole porre lo sport come elemento strategico ed essenziale per il futuro del Paese.
Ciro Ferrara, lei star di quel calcio spesso mondo a parte rispetto al resto dello sport, cosa l’ha portata a firmare il Manifesto promosso da tanti sportivi di varia estrazione?
“L’amore per lo sport di base, quello dei miei figli e presto anche del mio nipotino Leone. Capisco che si tenda a pensare che chi sta nel calcio sia egoista e indifferente a certe esigenze, ma non è sempre così”.
– Cosa ha fatto scattare la molla?
“La consapevolezza che organizzare bene lo Sport in un Paese contribuisca in maniera decisiva a migliorarne la Salute e dunque creare risparmio nel servizio sanitario. Questo significa che per l’Italia sostenere lo sport significa investire sulla salute pubblica e risparmiare tanti soldi, prevenendo malattie e altri problemi”.
– E’ dura comunque in un periodo di pandemia.
“La crisi, sanitaria ed economica, non sta risparmiando nessuno, colpendo i ceti più deboli. Ma questo è il momento di programmare, di ripensare il futuro. Di resettare certi errori del passato e cominciare a investire in maniera efficace sui nostri giovani, per offrirgli percorsi diversi e stimolanti”.
– Troppe volte in Italia lo Sport è stato ritenuto antagonista di Scuola e Salute.
“Ed è proprio l’errore che dobbiamo evitare di ripetere. In questo senso il Manifesto ha un approccio complessivo verso queste problematiche, proponendo domande e soprattutto offrendo soluzioni praticabili e nemmeno tanto costose per lo stato, valutando i benefici che sicuramente arriveranno da certi progetti. E poi le piccole società di base, lo sport degli enti di promozione, va assolutamente salvaguardato perché consente quella inclusività, che l’attività professionistica lascia in secondo piano”.
Una curiosità, lei ha scritto un libro “Ho visto Diego, e dico ‘o vero”. Maradona non è stato un esempio educativo.
“E non ha mai pensato di esserlo, dicendolo a chiare lettere. Nel mio racconto Diego non viene santificato, ma neanche condannato per i suoi errori, che non ha mai nascosto. Di una cosa però sono assolutamente sicuro: lui che con una palla al piede era nettamente il più forte di tutti, con i suoi compagni non si è mai comportato in maniera arrogante. In lui ci sono i valori del gruppo, della condivisione, dell’essere squadra che sono assoluti per lo Sport ad ogni livello. Ecco questi aspetti li ho voluti sottolineare proprio pensando ai miei figli e nipoti cui cerco di trasmettere quanto la pratica sportiva mi abbia reso un uomo migliore”.
Leggi e sottoscrivi anche tu “Il Manifesto dello Sport”
Maurizio Nicita