Un giovane cestista milanese blocca un rapinatore ma poi lo perdona per evitargli un carcere incapace di rieducare
Quando un fatto di cronaca nera diventa lezione di civiltà. Un gesto apparentemente clamoroso ma che diventa naturale per una famiglia di
sportivi veri. È capitato a Milano in questo giugno, e ci si augura che il messaggio passato da questa storia si ripeta e possa far breccia nelle coscienze. In un tranquillo sabato milanese a Corso Genova la signora Laura Sidoti ha fatto la spesa e portando le buste dentro nell’atrio del palazzo di abitazione, lascia incustodita la propria borsa nell’auto. Al ritorno non la trova e si accorge che due giovani, già notati per il fare sospetto, su una panchina si spartiscono il bottino.
La signora molto alta e fisicamente ben messa, non si impaurisce e – dopo aver avvertito marito e figlio dell’accaduto – si avvicina ai due chiedendo di aver restituito il maltolto, ottenendo parte dei documenti. Ed ecco che alla vista dei giganti Tam – il figlio Giovanni, 208 cm e il papà Francesco non molto più… basso – i due scappano.
Giovanni – 21 anni, cresciuto nell’Olimpia Milano e attualmente impegnato per studio negli Stati Uniti, dove gioca nell’Amherst college, Massachusetts – ne insegue uno in ciabatte e a torso nudo (così era sceso tempestivamente di casa in aiuto della mamma) e dopo una corsa nemmeno breve riesce a fermarlo e bloccarlo nonostante un pugno subito. Giovanni immobilizza il rapinatore e inizia con lui un dialogo.
E quando, dopo un po’ di tempo, arrivano sul posto i Carabinieri, Giovanni non solo conosce già la storia del piccolo delinquente, ma convince i propri genitori a non sporgere denuncia. Il giovane era in “messa in prova” dopo essere stato scarcerato. Una denuncia lo avrebbe riportato in una galera che non è capace di rieducare, come dovrebbe essere in un Paese civile.
Di qui la scelta: nessuna denuncia, il giovane pare abbia capito la lezione: evitargli il carcere ha probabilmente impedito di rovinare per sempre una esistenza. Chissà magari avrà imparato molto di più per questa insperata generosità.
Cosa ha in comune la famiglia Tam? Lo sport, praticato in casa da tutti, ma soprattutto una cultura sportiva che diventa motore nella vita. Il gesto resta da applausi e non da tutti. Ma ci piace sottolineare che chi fa sport in maniera corretta, ha maggiori capacità di “vedere” gli altri, di non aver paura del diverso. Perché le fragilità fisiche e psicologiche ci portano insicurezze, che lo sport spesso riesce a curare meglio che altri settori della nostra società. Dunque rispetto delle regole, ma anche capacità di perdono e fiducia nel prossimo.
Dai Tam una lezione che speriamo diventi Tam-Tam efficace per la nostra società egoista e ottusa.
Maurizio Nicita