Jean Baptiste E L’integrazione Sotto Canestro A Centocelle

Sport significa soprattutto aggregazione e superamento delle barriere. Jean Baptiste JB Shamuana è un esempio calzante di questi valori: 21 anni, italiano nato da genitori congolesi, Jean-Baptiste ha iniziato ad approcciarsi al basket sin da piccolo. “Da quando ero bambino vedevo che il colore della mia pelle era diverso dagli altri – racconta parlando con un marcato accento romano – Non ho mai subito atti di discriminazione ma le differenze con gli altri le percepivo. La pallacanestro me le ha fatte superare. Quando sei in campo, il colore della pelle non conta ma importano solo il tuo talento e la tua capacità e voglia di aiutare la squadra”.

COACH

 

Dopo diversi anni di pratica, da un anno Jean-Baptiste ha iniziato a collaborare come coach con le PGS Borgo Don Bosco di Roma, polisportiva dell’omonimo oratorio di Centocelle. “Andavo già al campetto dell’oratorio da diversi anni, ma non collaboravo con i salesiani, fino a quando un mio amico non mi ha chiesto di dargli una mano . Adesso seguo, assieme ad altri due coach, i ragazzi del mini-basket. Stiamo insieme solo da un anno, ma ci siamo già tolti diverse soddisfazioni, ad esempio organizzando le finali in casa nostra”. Ad affiancarlo altri due coach, Gabriele Sinacore e Vittorio Garattini, oltre che il team manager, Valerio Pompei.
Le parole d’ordine di questa nuova esperienza sono, ancora una volta, aggregazione e multiculturalità. “La nostra squadra è formata da una ventina di bimbi di ogni nazionalità e cultura, soprattutto figli di immigrati di prima generazione – spiega Jean-Baptiste –: eritrei, rom e altri. È bello che loro vedano, sin da piccoli, come anche un ragazzo di origine africana possa fare l’allenatore di una squadra di basket”.

 

STUDENTE

 

Jean-Baptiste studia scienze politiche e relazioni internazionali alla Sapienza e, anche per il suo futuro, sogna di lavorare in un contesto multiculturale. Nel frattempo, si gode il presente. “Nelle Pgs ho trovato una grande famiglia e sono molto contento di poterne fare parte. Io ho sempre giocato a basket in altre situazioni, dove i valori dell’inclusione e del dialogo ci sono ma non sono esplicitati come nel nostro contesto. Lì c’è solo lo sport, qui molto di più: c’è tanto spazio per il dialogo, soprattutto con i bambini. Parlare con loro è importante, perché sono il seme del nostro futuro”.

Giulio Monga