L’attività di Judo e Down nasce con la precisa intenzione di promuovere il Judo, quale momento di integrazione sociale tra persone di diversa abilità. L’esperienza maturata in tanti anni ci permette, con osservazioni attente e mirate e anche con un lavoro di equipe, di formulare un programma educativo e di recupero psico-motorio completo sotto tutti gli aspetti.
Autonomia e aggressività
Il ragazzo down che nello spogliatoio doveva essere svestito e rivestito dal maestro, dopo 6 mesi di attività compie queste operazioni in maniera completamente autonoma. Al tempo stesso questi giovani negano la possibilità di sconfitta, assumendo atteggiamenti di tipo aggressivo o infantile se posti davanti a questa possibilità. Ma facendogli accettare, sotto forma ludico-ricreativa, la possibilità di essere proiettati dal compagno, nel tempo i risultati della pratica arrivano e si accetta con più maturità l’essere proiettati.
Contatto corporeo
I ragazzi che presentano questa sindrome vivono il contatto corporeo sotto l’aspetto istintivo. Con l’attività judoistica, la quale in sé è contatto corporeo, dopo un anno il ragazzo partecipa anche alla lotta a terra, vivendo il proprio corpo in maniera più completa.
Quadro psicomotorio
Il Judo diventa “terapia riabilitativa” rispetto a questa problematica. Basti pensare alla carenza di tipo topologico che questi ragazzi presentano, e le conseguenti possibilità di intervento, e confrontate questo con l’insegnamento di una qualsiasi tecnica di judo ( fai la presa , abbassati , alzati , salta sopra). Oppure , rifacendosi alla carenza di conoscenza dello schema corporeo e in particolare all’applicazione di una qualsiasi tecnica di judo (prendi il bavero con la mano , produci squilibrio con il braccio , piegati sulle gambe , gira sui piedi , entra sotto la spalla).
Un’altra componente importante del quadro psicomotorio è una migliore acquisizione del concetto di lateralità: quante volte spiegando una tecnica poniamo esempi come: prendi a destra, prendi a sinistra, porta avanti la gamba destra. Tutte cose che risultano faticose conquiste per abilità diverse.
Un lavoro di crescita possibile solo se, a fianco dell’istruttore di judo, c’è un contributo fattivo da parte delle famiglie e del contesto sociale.
Domenico Corsaro
Responsabile nazionale Pgs per lo Judo