Ci sono storie che meritano di essere raccontate perché straordinario esempio di tenacia e di forza di volontà. La storia di Andrea Lanari è una di queste. Quando in quella mattina d’estate del 2012 Andrea si apprestava ad iniziare il lavoro di collaudo di uno stampo di tranciatura per circuiti elettronici stampati, non sapeva di essere ad un passo dalla tragedia. Una tragedia che gli avrebbe cambiato la vita. Quando la pressa per l’operazione di tranciatura si abbassò di colpo tranciandogli le mani, una vita nuova prese possesso di quella vecchia. Una menomazione di questo tipo avrebbe distrutto la vita di tante persone, ma non la sua. Oggi Andrea, quarantasettenne, è un piccolo grande mito nazionale e i miti si costruiscono con le imprese. D’altronde non è da tutti attraversare lo Stretto di Messina senza l’ausilio delle braccia. Da Castelfidardo con furore e volontà, oltre al rifiuto categorico di una vita dimessa e rassegnata alla propria condizione di disabile.
Ma la storia di Andrea è anche una storia di rivalsa. In una lettera scritta nel 2015 all’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL) diceva: “Un po’ per carattere, un po’ per volontà, non ho mai voluto abbattermi. Ho saputo sempre trasformare ogni sopruso in uno stimolo capace di demolire malsane etichette e dimostrare che la capacità di dare un senso alla propria vita non dipende da quanto siamo fortunati ma dal valore che noi diamo alle cose e a noi stessi. Non tollero minimamente che vengano calpestati i diritti inalienabili alla vita, alla dignità della persona, qualsiasi forma fisica essa abbia o abbia assunto”. Parole dure ma sincere, figlie di sensazioni vissute sulla sua pelle. Nove anni dopo questo carattere lo avrebbe portato all’altro capo dello Stretto di Messina. Alle 11 del 2 Luglio 2024 guardava in lontananza le coste della Calabria sapendo che un’ora e mezza dopo ci sarebbe arrivato a nuoto. Non da solo, certo, ma in compagnia del figlio, Kevin Lanari, l’istruttore di nuoto per disabili, Marco Trillini, e Lorenzo Carnevalini, Responsabile Comunicazione del Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona. Tre chilometri e mezzo in un’ora, ventisei minuti e venti secondi. Una gioia, un segnale dato proprio a tutti quelli che calpestano i diritti inalienabili alla vita.
Questa straordinaria impresa, patrocinata dal Comune di Messina e la stessa ANMIL è stata la degna conclusione di un progetto difficile e più volte rinviato. Nel 2016 Andrea non riusciva a stare a galla, ora, invece, dopo anni di allenamento in piscina e di test che hanno fatto vacillare la sua pervicacia, il progetto è finalmente andato in porto. Un’esperienza da portare nelle scuole grazie al supporto della già citata ANMIL, associazione di cui è diventato testimonial e formatore per la sicurezza e la salute. Ma anche nelle aziende e nelle piccole imprese. In una breve intervista al magazine Economia del Mare, Andrea ha sottolineato che “ci sono ditte che continuano a chiamarci dicendo che dopo il nostro passaggio gli infortuni sono diminuiti. Questa è una cosa che mi gratifica e mi fa felice anche perché non è mai semplice, sul piano emotivo, raccontare l’infortunio”. E forse queste ultime parole sono la vera vittoria di Andrea Lanari, perché il tema degli infortuni sul lavoro è da sempre una piaga sociale italiana, sottovalutata e spesso relegata alle cosiddette cose che succedono. Ma quante volte non sarebbero dovute accadere? Troppe. Andrea, prima dell’infortunio, non percepiva stipendio da diversi mesi. Un problema che una famiglia deve portare sul groppone, stringendo la cinghia. L’azienda era in crisi ed i sistemi di protezione dei macchinari, inadeguati. Le ferie, rimandate per necessità, sarebbero arrivate il 5 Giugno, il giorno dopo la tragedia. Da lì a poco il pianto, l’amputazione ed un futuro davvero difficile da immaginare. Nove anni dopo, il tuffo, il traguardo, l’amore infinito di suo figlio, Kevin, ed un grido: non mollare mai.
Damiano Cancedda