Ero un bambino come tanti e come tanti andavo all’oratorio. Tentavo di giocare al pallone, come tanti. E poiché nell’infanzia involontariamente capita di essere crudeli, irridevo il compagno che sbagliava un gol a porta vuota. Fu allora che Padre Davide, un giovane sacerdote, mi insegnò ad amare l’imperfezione. Mi disse: nella vita, imparerai che nessuno è perfetto. Nemmeno tu.
Era vero. Avere la consapevolezza che a tutti può accadere di restare indietro è la grande conquista dell’Amore. E sempre dovremmo ricordare a noi stessi che donare conta più di ricevere.
Del resto, imperfetti sono anche gli idoli fatui della nostra modernità. Zlatan Ibrahimovic, il calciatore, non ha mai vinto la Champions. Gino Bartali, il grande eroe del ciclismo, non diventò mai campione del mondo. John McEnroe, il super tennista, non trionfò mai sulla terra battuta di Parigi. E l’elenco degli eroi incompleti ma non incompiuti potrebbe continuare.
Voglio dire questo. Aveva ragione quel prete della mia infanzia, Padre Davide. E forse c’è voluta la tragedia di una pandemia per restituirci il senso del bene comune. Non sappiamo come sarà il dopo, mentre giustamente pensiamo a scampare al peggio. Non sarebbe male, in compenso, se ricordassimo le piccole lezioni dell’oratorio. Non ridere mai di chi è in difficoltà. Perché, lo diceva anche una canzone, gli altri siamo noi.
Leo Turrini