A pallone non era un campione, ma nel cortile dell’oratorio della parrocchia di San Giorgio, a Limbiate, Luca ha cominciato a sognare quei ponti di pace che ha costruito nella sua vita breve ma di una intensità incredibile. Luca Attanasio, 43 anni, ambasciatore italiano, è stato trucidato il 22 febbraio in circostanze ancora tutte da chiarire nella repubblica democratica (la chiamano così, è l’ex Zaire) del Congo.
E’ invece chiara e limpida la testimonianza di fede di un profondo credente che aveva scelto di vivere “per gli altri” la vita, anche attraverso la professione. Quella costruita attraverso una brillante laurea conseguita alla Bocconi, e poi sviluppata attraverso il suo grande amore per gli ultimi, per l’Africa. A Casablanca, in una delle sue prime missioni, aveva conosciuto Zakia Seddiki, marocchina: diverso credo religioso (musulmana), stessa sensibilità per chi non ha nulla. Eccolo il primo grande ponte di Luca, che con Zakia ha tre bambine.
Nel 2017 Attanasio viene incaricato come ambasciatore a Kinshasa, dove si trasferisce con la famiglia. Potrebbero starsene nella loro bella e comoda sede diplomatica, invece Luca comincia a girare per missioni, si pone il problema di assicurare cibo e cure a quei milioni di bimbi che vivono per strada senza nulla. Zakia ha una bimba in braccio e due in grembo, ma si pone il problema di cosa può fare lei. Ed ecco che fonda in quel Paese disastrato, ma ricco di risorse minerarie eccezionali (per questo infestato da bande armate), “Mama Sofia” un’associazione per i diritti delle donne e dei loro bambini. Progetti concreti, realizzati senza spese di gestione (tutto volontariato puro) ma con tenacia e amore: una assistenza sanitaria mobile – vero ambulatorio su quattro ruote – che serve i quartieri più disagiati di Kinshasa, dove mancano le più elementari cure mediche.
Intanto Luca gira in lungo e il largo il Paese, ben oltre le proprie responsabilità diplomatiche. Una famiglia di costruttori di pace, che nel 2020 riceve il premio “Nassiriya, per la pace”. In quell’occasione Zakia dice con semplicità: “Cerchiamo nel nostro piccolo, di ridisegnare il mondo”. E per un programma di alimentazione per i bambini dell’Unicef – World Food Programme – lunedì 22 Luca era su un convoglio dell’Onu in direzione sud del Congo, dove è stato trucidato insieme all’autista congolese Mustafa Milambo, e al carabiniere laziale Vittorio Iacovacci.
Il coltan
Assurdo accettare una morte violenta e inconcepibile per persone che facevano solo del bene. Ma chi sa fare urlare solo le armi in questi posti di natura rigogliosa (nel parco del Virunga si riproduce ancora il gorilla di montagna) cerca coltan, una miscela di coumbite-tantalite, minerali preziosissimi indispensabili nella produzione dei telefoni cellulari. Interessi enormi, che passano sulle vite di milioni di persone senza nulla. Quelli che Luca Attanasio ha cercato di difendere ed emancipare nella sua breve vita.
Il Papa, attraverso un telegramma spedito al presidente della Repubblica Mattarella, ha espresso il suo dolore: “Nell’apprendere del tragico attentato avvenuto nella Repubblica democratica del Congo. Esprimo il mio cordoglio ai familiari delle vittime, al corpo diplomatico e all’arma dei carabinieri per la scomparsa di questi servitori della pace e del diritto”.
Un dribbling dritto al cuore
Ecco, Luca a calcio magari non era un campione, ma dall’oratorio ha costruito un grande dribbling che arrivato dritto al nostro cuore. Un santo dei nostri tempi. Il suo volto sempre sorridente accanto ai bimbi africani sia riferimento per costruire pace e solidarietà: dal cortile della parrocchia, fino alle periferie del mondo.
Maurizio Nicita