Più di 15 mila imprese private, 400 mila occupati. Solo nel 2023 il valore generato dal settore sportivo in Italia è pari a 22 miliardi di euro, contribuendo all’1,3% del Pil nazionale. Lo dice il Rapporto Sport 2023, un’indagine di sistema realizzata dall’istituto per il Credito Sportivo.
I numeri parlano. Analizzati, compresi e catalogati riescono a fotografare la dimensione di un fenomeno. Possono descrivere una crescita, una decrescita, oppure decretare la più sostanziale stagnazione di una questione. Ma quando i numeri servono a valutare l’impatto dello sport sulla società, dicono davvero tutto? Senza dubbio aiutano a dipingere un quadro, che poi però va rifinito. Se ci limitassimo a giudicare la crescita del movimento sportivo italiano solo dal punto di vista economico, potremmo davvero, cautamente, applaudire.
Questi numeri raccontano di un’industria da sanare che tenta di riflettersi sul benessere della società. Il sostegno alla pratica sportiva deve essere uno dei dogmi sulla quale basare la cultura del benessere, diffuso attraverso i valori tipici dello sport e del gioco: rispetto, fratellanza, lealtà, promozione della pace, comprensione, solidarietà, fair play. Valori che possono essere intaccati solo da storture tipiche del nostro tempo: la competizione sfrenata, l’egoismo dettato dalla ricerca del consenso sui social.
Ecco perché è il caso di chiedersi se questi numeri in crescita sono davvero una nota positiva. Per noi si, sono una discreta nota positiva, che produrrà benefici sempre più tangibili con una costante levigazione delle storture e districandosi dalla mera analisi dei dati contabili.
Ma il moderato entusiasmo deriva anche da fattori che toccano davvero terra. Esiste un divario che demarca distintamente l’impatto dell’industria sportiva sul territorio italiano, ed è il classico divario tra Nord e Sud. Nel grande e principale obiettivo di riqualificazione del parco impianti un dato salta all’occhio: quasi il 20% degli impianti al Sud non è funzionante. Un segnale di mancata capillarità da colmare con uno sforzo a carattere prioritario. Al Nord il dato scende all’8%, ma non risparmia la necessità di intervento, vista anche l’età media degli impianti, in larga parte realizzati negli anni 70 e 80. Le strutture per la maggior parte dei casi risultano vecchie e non in linea con lo standard dei trend digitali e verdi.
Il tema delle infrastrutture quindi è un problema cardine di tipo sociale che si riflette anche sulla cultura sportiva e sull’imprenditorialità. Una disomogeneità nello sviluppo territoriale abbassa gli standard qualitativi della pratica sportiva nelle zone svantaggiate e di conseguenza anche
l’impresa fatica a ritagliarsi un ruolo centrale per le comunità locali, proprio perché non supportate a dovere. Per valorizzare il peso delle Federazioni, degli enti sportivi, delle associazioni e delle società sportive sul tessuto sociale non si può prescindere dall’efficienza delle strutture e dalla formazione degli addetti ai lavori. Questi ultimi possono davvero essere il motore di un rinnovamento gestionale e finanziario.
Qualche numero in più: gli impianti sportivi in Italia sono 77mila ma l’89% di questi non utilizza fonti rinnovabili. L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile parla di obiettivi che non contemplano l’assenza di benefici economici slegati da quelli sociali e ambientali. Se i primi passi a livello economico sono stati fatti, i secondi saranno quelli più difficili. Il ritorno sull’investimento da affrontare si misurerà soprattutto dalla crescita delle zone verdi, dalle piste ciclabili e da uno sviluppo urbano che tenda alla cultura green, del movimento e dell’attività fisica di base. E se anche nelle scuole (che, secondo il Rapporto, presentano l’allarmante dato di assenza di palestra in 6 casi su 10) si riuscisse a impostare un lavoro di sensibilizzazione sempre più efficace sull’importanza dell’attività fisica e del suo impatto sul tessuto sociale, beh, potremmo senza dubbio cominciare a sperare di alleggerire nel tempo anche i problemi legati alle condizioni di salute fisica e mentale, facendo un piacere alla sanità pubblica.
Damiano Cancedda