“Crescere all’Oratorio sotto casa è stata la mia grande fortuna”: Roberto Mancini lo ha ricordato più volte sia nelle interviste, sia parlando con amici. Ecco un grande campione, prima in campo e poi da allenatore, che non ha mai nascosto la sua fede, andando orgoglioso del suo cammino personale, che nell’ultimo decennio lo ha visto più volte pellegrino a Medjugorje.
Roberto appena può ne parla pubblicamente della sua fede e lo ha fatto in ritiro a Coverciano prima che cominciasse questa splendida avventura culminata con la vittoria dell’Europeo.
Perché quello che ti caratterizza non è tanto il successo fine a se stesso ma il modo in cui lo raggiungi. E Roberto ha saputo essere buon testimone dei suoi valori, mettendo sempre avanti il gruppo, l’aiutarsi. Anche nella costruzione dello staff: ha scelto amici fidati, per continuare a condividere un percorso, per capirsi con uno sguardo. Per abbracciarsi e piangere col fratello Luca Vialli, in una delle immagini che resta stampata nel nostro cuore.
E dire che da giocatore era uno stupendo “10”, un prim’attore. Ma pure allora preferiva l’assist al gol, veder gioire il compagno era più bello. Anche nella tattica, nel modo di giocare, questa Nazionale è diventata amata dagli italiani proprio per la maniera in cui è stata in campo, abbracciandosi e stringendosi nei momenti di difficoltà. Poi, nello sport come nella vita, ci vuole un pizzico di fortuna. Ma siamo convinti che, anche se non fosse arrivata la Coppa, il messaggio sarebbe rimasto lì indelebile per chi vuol capirlo: per ottenere grandi risultati bisogna saper far squadra, accettare sino in fondo il compagno con tutti i propri difetti e rispettare gli avversari. Tre anni fa, calcisticamente parlando, quella di Roberto Mancini sul rilancio della Nazionale sembrava solo una splendida utopia. Oggi è realtà per la forza di un gruppo plasmato da un uomo di fede, testimone dei nostri giorni.
Grazie Roberto
Maurizio Nicita