C’era un bambino, 24 anni fa, che guardava una finale mondiale, sapendo che l’Italia avrebbe trionfato. Era ancora l’epoca della “Generazione di fenomeni”, un insieme di giocatori capaci di vincere tre mondiali di fila, prima squadra nazionale a farlo nella storia. Non esisteva ancora il Rally Point System: si poteva fare punto solo durante il proprio turno di servizio.
Sembra di raccontare la preistoria. In quell’universo tutto ciò che l’Italia maschile toccava diventava oro, ad eccezione della maledizione olimpica.
Tutti noi sapevamo che avremmo vinto, tutti noi ce lo aspettavamo e così era stato. Quel bambino pensava che fosse normale vincere e che nessuna squadra avrebbe mai potuto battere la nostra nazionale: non fu così.
Altre scuole pallavolistiche si imposero e per 24 anni l’Italia maschile poté solo sognare una finale mondiale. Lo scorso anno, dopo l’ennesima delusione olimpica, è salito al timone un giocatore di quell’ultima Italia campione del mondo.
Il suo nome è Fefé De Giorgi, chiamato “L’eroe dei tre mondi” per aver vinto tre mondiali in tre continenti diversi. Ha portato in nazionale non solo i suoi metodi e i suoi schemi, ma anche un grande attaccamento alla maglia: l’urlo “Noi Italia” ha dapprima rafforzato la squadra e poi ha coinvolto tutti noi tifosi, facendoci sentire parte di qualcosa di veramente grande. Sull’onda del successo europeo siamo arrivati a questo mondiale con una squadra giovanissima, ricca di talento, ma povera di esperienza internazionale.
Quello che ci mancava lo abbiamo compensato con la voglia di provarci e di guadagnare un centimetro in ogni occasione, senza porci limiti. Questa nazionale è arrivata alla finale dopo un percorso difficilissimo, ma alimentata da una convinzione forte: possiamo farcela, sempre, contro chiunque.
Mentre Giannelli inventa pallavolo, Anzani zittisce tutta la Polonia, De Giorgi viene consacrato tra i migliori allenatori di sempre, quel bambino di 24 anni fa è ancora vivo in me ed esulta da campione del mondo, sapendo che lo sport non è fatto di sole vittorie, che i cicli esistono per tutti, che le sconfitte possono servire a crescere a patto di imparare, ma soprattutto che con l’impegno, la passione e le idee si possono ancora realizzare grandi sogni.
Filippo Salerno